Antonio Gramsci

Antonio Gramsci (nato a Ales in provincia di Oristano il 22 gennaio del 1891), è stato un politico, filosofo, politologo, giornalista, linguista e critico letterario italiano. Di lontane origini albanesi, Antonio visse un infanzia difficile a causa di condizioni di salute precarie e per la mancanza del sostegno familiare del padre che venne arrestato per irregolarità amministrative. Negli anni del liceo Gramsci si avvicina alla politica leggendo la stampa socialista che il fratello gli invia da Torino, e a scuola si distingue per i suoi interessi nel campo culturale. Una volta diplomatosi vince una borsa di studio all’Università di Torino iscrivendosi alla facoltà di lettere. Proprio a Torino nel maggio del 1919 fondò il settimanale di cultura socialista “l’Ordine Nuovo”, interessandosi contemporaneamente alla lotta di operai e contadini contro lo sfruttamento. Avendo in precedenza aderito al PSI (Partito Socialista Italiano), si convince che bisogna dar vita a un nuovo partito, e proprio nel gennaio del 1921 si apre a Livorno il 17° congresso nazionale del PSI, nel cui contesto emergono le divergenze tra le varie correnti: (massimalisti, riformisti ecc.), che sfoceranno poi nella nascita del Partito Comunista d’Italia di cui Gramsci sarà un membro del comitato centrale. Partecipando in Russia come rappresentante italiano all’internazionale comunista conobbe una donna, Giulia Schucht che sarebbe poi diventata sua moglie, dalla coppia nasceranno due figli (Delio e Giuliano). Nel 1924 venne eletto deputato nelle fila del partito comunista opponendosi ferocemente al partito fascista che vide in Antonio Gramsci uno dei nemici più temibili. Nel 1926 con il consolidarsi della dittatura fascista in Italia, Gramsci viene arrestato nonostante l’immunità parlamentare, nel frattempo il re e Mussolini sciolsero la camera dei deputati mettendo fuori legge i comunisti. Gramsci sarà processato e confinato, inizialmente nell’isola di Ustica, poi nei carceri di Civitavecchia e Turi. Di lui i fascisti dissero: “dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare per almeno vent’anni”, tanto che gli venne riservato un regime carcerario durissimo.  A causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute ottenne nel 1934 la libertà condizionata, non essendo adeguatamente curato venne abbandonato al lento spegnimento tra sofferenze fisiche e morali, morirà il 27 aprile del 1937 in una clinica di Roma dopo undici anni di prigionia, e senza aver mai rivisto i suoi figli. Negli anni della reclusione scrive 33 quaderni di studi filosofici e politici definiti tra le opere più alte e acute del secolo, noti come i “Quaderni del carcere” che godono ancora oggi di innumerevoli traduzioni e di altissima considerazione presso gli intellettuali di tutte le nazioni.