Filetto

Filetto (Frazione del Comune dell’Aquila).

In questo piccolo borgo il 7 giugno del 1944 venne compiuta una strage da parte delle truppe naziste di occupazione in cui persero la vita 17 persone. Dopo lo sfondamento della linea “Gustav” per mano delle truppe alleate, i nazisti, fuggendo sconfitti dall’Italia, lasciarono alle loro spalle una scia di sangue innocente, e ad essere colpiti dalla cieca violenza nazifascista furono anche gli abitanti di questa piccola località. A Filetto era stanziato un piccolo raggruppamento di militari tedeschi che il 7 giugno 1944, intorno alle 16:30, mentre caricavano materiale radio per trasferirsi a Paganica, venne attaccato da un drappello di Partigiani comandati dal colonnello degli Alpini Aldo Raseo. Nello scontro a fuoco morirono a distanza di poco tempo due militari tedeschi, mentre tre partigiani rimasero feriti. Dopo il ripiegamento dei Partigiani sulle montagne circostanti, venne allertato il comando tedesco di stanza a Paganica, che in breve tempo giunse a Filetto. La rappresaglia fu cieca e violenta, la prima vittima civile fu Ferdinando Meco, ucciso mentre si dissetava ad una fonte; stessa sorte toccò ad Antonio Palumbo proprietario terriero. Venne ucciso, freddato da un commilitone, anche il maresciallo maggiore tedesco Schafer che si era opposto all’uso spropositato della violenza. Il diciassettenne Mario Marcocci che assistette all’omicidio, fu incaricato di trasferire il corpo del maggiore su un camion per poi essere ucciso anch’esso. Dall’Aquila, il maggiore generale Hans Bolsen ordinò al capitano Matthias Defregger di completare la rappresaglia. Vennero selezionati tra la popolazione una trentina di maschi adulti e dopo aver allontanato minori e anziani ne ordinò la fucilazione tramite colpi di mitragliatrice. Nove persone persero la vita, alcuni si finsero morti, altri fuggirono per le strade del paese. Ne seguì una caccia all’uomo che provocò l’uccisione di altre cinque persone. Le vittime furono raggruppate presso due abitazioni che poi vennero date alle fiamme, mentre il resto del paese fu saccheggiato. Colui che diresse la strage, Matthias Defregger, nel dopoguerra, riprese gli studi ecclesiastici divenendo successivamente vescovo ausiliare di Monaco di Baviera. Nonostante l’apertura di un fascicolo della procura della Repubblica dell’Aquila sulla vicenda, non pagò mai per i crimini commessi.