Giovanni Conti

Giovanni Conti (nato a Montegranaro in provincia di Fermo il 17 novembre 1882), è stato un politico, antifascista e costituzionalista italiano. Nato da una famiglia di umili origini, durante e dopo gli studi si impegnò nella vita politica aderendo nel 1889 al Partito Repubblicano, ed in gioventù fece anche parte della Massoneria. Dopo la laurea in Giurisprudenza si trasferì a Roma entrando nella direzione nazionale del Partito Repubblicano Italiano. Allo scoppio della prima guerra mondiale vi partecipò col grado di ufficiale, tornato dal fronte continuò il suo impegno nella vita politica e sociale fino a che nel 1921 venne eletto deputato. L’avvento del fascismo trovò in Conti un suo energico oppositore, il 17 novembre del 1922 (il giorno del suo quarantesimo compleanno) pronunciò un celebre discorso alla Camera nel quale sosteneva la ferma opposizione dei repubblicani al governo Mussolini. Sempre nel 1922 a Roma, insieme ad altri repubblicani, fu tra i fondatori del movimento antifascista “l’Italia libera”. La “Voce Repubblicana”, quotidiano ufficiale del Partito Repubblicano di cui Conti era il direttore, fu presa d’assalto dalle squadre fasciste e lo stesso Giovanni raggiunto nel suo studio venne aggredito e costretto a bere olio di ricino. Ciò non impedì al giornale di continuare i suoi attacchi al regime fascista, indicando in Italo Balbo il mandante dell’assassinio di Don Giovanni Minzoni. La Voce Repubblicana venne infine soppressa, a causa delle sue idee politiche Conti fu posto sotto stretto controllo dalla polizia fascista e fatto decadere dalla carica di deputato nel 1926. La sua posizione di antifascista costò a Conti e la sua famiglia povertà e isolamento sociale, decise di rifugiarsi a Lugano in Svizzera, e insieme a numerosi repubblicani e anarchici continuò la sua attività di oppositore alla dittatura. Con la caduta del fascismo Giovanni Conti ebbe un ruolo importante nell’istaurazione della Repubblica e fu vicepresidente dell’Assemblea Costituente, dove fondamentale fu il suo contributo nella stesura della Carta Costituzionale. Morì l’11 marzo 1957 a Roma.